domenica 9 febbraio 2014

Leonardo Da Vinci, ancora più genio (versus Roberto Valturio)

Che fosse un genio era indubbio da subito, ma che lo fosse come conoscitore di quanto attraversava la cultura del suo tempo non era del tutto noto.
Le famose opere di Leonardo in materia di macchine militari trovano ispirazione in un marchigiano, Roberto Valturio che, nato a Rimini nel 1405 dove si era trasferita la famiglia che era originaria di Macerata Feltria (oggi in provincia di Pesaro-Urbino), è precursore, e imitatissimo nei decenni successivi, di proposte tecniche relative alle macchine militari d'assedio e d'assalto.

Un libro, De re militari, descrive bene ciò che Valturio illustra con immagini altrettanto chiare, e lo fa nel 1472, stampato a Verona per la prima volta, mentre copie manoscritte circolavano già dal 1453 nelle principali corti europee (vedi nota 1).
Le opere di Leonardo in materia di macchine militari, invece, datano a partire dagli anni 1480-85 in poi.

Che Leonardo fosse un genio, dunque, era indubbio, ma occorrerebbe una rivisitazione profonda degli scritti artistici e scientifici dell'epoca, sia manoscritti che a stampa, per collocare il genio "nel suo tempo", ed evitare di farlo sembrare una mosca bianca nella storia mondiale, cosa che neanche a lui stesso sarebbe piaciuta, visto che di carattere era riservato e schivo e che, probabilmente, il girare per le corti europee ed italiane dell'epoca gli ha fatto incontrare molti libri conservati in quelle biblioteche che, poi, ha saputo magistralmente rielaborare aggiungendoci il suo grande contributo - e proprio qui sta l'ancora più genio.

Leggendo la storia della scienza nel suo insieme, cioè dopo aver metabolizzato la posizione dei singoli scrittori, che possono anche avere un senso di ammirazione per il personaggio di cui scrivono, ci si fa la convinzione che i miracoli sono veramente rari, cioè i geni non esistono, ma esiste il clima culturale di un ambiente che favorisce, talora ma non sempre, l'emergere di qualche soggetto più dotato dei suoi compagni. In genere l'occasione è propizia per le grandi scoperte là dove ci sono i soldi e, allora, si radunano molti soggetti in cerca di riconoscimento, e tra i quali può emergerne uno.
E' accaduto con Talete nel VII sec. a.C., con Platone e Aristotele sempre nella Grecia classica, come è accaduto con il Rinascimento italiano, specie a Firenze, dove dovevano girare molte opportunità di benessere per artisti e scienziati per la presenza dei Medici e dei banchieri del loro entourage, come a Genova, patria del "biglietto di cambio", oggi chiamata cambiale, e a Venezia, dove affluivano ricchezze da tutto il Mediterraneo orientale che questa dominava per mare. E' accaduto nell'Inghilterra capitalistica del Settecento e dell'Ottocento, ultimo genio, almeno per la logica matematica, con Bertrand Russel. Ed è accaduto negli USA, quando si utilizzavano ingenti risorse prima della seconda guerra mondiale per costruire la bomba atomica, con Einstein e i molti altri scienziati che hanno lasciato profondi segni sia nel campo degli studi sulla materia che in quello della relativa interpretazione filosofica.
E così deve essere accaduto anche per Leonardo che, occorre ricordarlo, è stato preceduto da valenti artisti e scienziati.
Poi, quasi sempre, le cose cambiano e si lascia il passo a qualche altro ambiente culturale che prima non emergeva, e ciò avviene per una specie di invecchiamento dell'ambiente culturale di partenza, nel quale non vi sono più spinte ideali ed entusiasmi, ma dove prevale il mero profittare delle situazioni.
Osvald Spengler ha messo bene in evidenza questo fenomeno in un magistrale libro - anche per le pagine, che sono oltre 1500, dove esamina le culture antiche anche orientali e quelle succedutesi fino ai suoi giorni - dal titolo Il tramonto dell'Occidente, del 1923 (Guanda Editore, 1995).
E così, anche il nostro Paese, territorio conteso a nord come a sud da Francesi, Austriaci e Spagnoli e, più blandamente, dagli Inglesi, non avendo una grande monarchia di riferimento, è rimasto preda di costoro per le convenienze di bottega dei "piccoli principi locali". Ancora oggi tale frammentazione, ancorché culturale, appare essenzialmente politica, e  nulla pare favorire una coesione sotto la spinta delle istanze europeiste.