lunedì 13 agosto 2012

Il problema delle patate


Sulla didattica della matematica

Riprendo, con gli aggiustamenti dei tempi, da LUCIO RUSSO, Segmenti e bastoncini. Dove sta andando la scuola? Universale Economica Feltrinelli, 2000, p.66.

1960
Un contadino vende un sacco di patate per 1000 lire. Le sue spese di produzione sono i 4/5 del prezzo di vendita. Qual è il suo guadagno?
 1970 (insegnamento “tradizionale”)
Un contadino vende un sacco di patate per 1000 lire. Le sue spese di produzione sono i 4/5 del prezzo di vendita, e cioè 800 lire. Qual è il suo guadagno?
 1970 (insegnamento “moderno”)
Un contadino scambia un insieme P di patate con un insieme M di monete. La cardinalità dell'insieme M è uguale a 1000 e ogni elemento di M vale una lira. Disegna 1000 grossi punti che rappresentino gli elementi dell'insieme M. L'insieme S delle spese di produzione è un sottoinsieme di M ed è formato da 200 grossi punti in meno di quello dell'insieme M. Rappresenta l'insieme S e rispondi alla domanda seguente: qual è la cardinalità dell'insieme G che rappresenta il guadagno? Disegna G in colore rosso.
 1980 (insegnamento “rinnovato”)
Un contadino vende un sacco di patate per 1000 lire. Le sue spese di produzione sono 800 lire e il suo guadagno è di 200 lire. Sottolinea la parola “patata” e discutine con il tuo compagno.
 1990 (insegnamento “riformato”)
Supponendo che degli agricoltori vogliano vendere un sacco di patate per 1000 pesetas, fai un sondaggio per determinare il volume della domanda potenziale di patate nel nostro paese. Completa questa ricerca analizzando gli elementi del problema, mettendo in rapporto gli elementi fra loro e cercando il principio del rapporto fra questi elementi. Per finire, fai una tabella a doppio ingresso, indicando in orizzontale, in alto, i nomi degli elementi citati, e in verticale, in basso, diversi modi di cucinare le patate.

(aggiungo io)

2000 (insegnamento "socializzato e inclusivo") 
Un commerciante afgano di Riccione vende in bancarella un sacco di patate argentine provenienti dal Niger per 100 euro. Le sue spese ammontano ai 4/5 del prezzo di vendita e il 20% del ricavato andrà al vigile di quartiere (un omaggio alla moglie del portiere dell'albergo alle sue spalle non può mancare). Quanto gli rimane in tutto? Guarda se ti è arrivato già il risultato nei messaggini sul cellulare, confrontalo con quelli sul cellulare di Sonya e tirate le conclusioni insieme nel gruppo di lavoro con i tuoi compagni Svetoslava, Mohamed, Rajanigandha e Zhang.
2010 (insegnamento "globalizzato")
Un broker pasdaran di Gemonio acquista con i soldi del suo partito un bond della Tanzania per 100 euro al tasso fisso del 50% all'anno. Dopo un anno lo rivende e restituisce al partito 115 euro. Quanto si è intascato? Guardate sulla vostra tablet se il bidello, per 1 euro a testa, vi ha mandato il risultato, poi trascrivetelo sul quaderno e confrontatelo a casa con l'oroscopo di ieri l'altro di vostra nonna su Novella 2000. Si chiede una relazione scritta sulle correlazioni dei fatti esaminati.
2020 (insegnamento "aristometico")
Un contadino ha cinque mele, la zia gli regala altre cinque mele. Quante mele ha in totale? Domenica consultati con il parroco e lunedi porta il risultato ed una relazione esplicativa fatta con l'aiuto della mamma, e della zia di tua nonna paterna.
Poi, l'aritmetica sarà sostituita con l'aristometica (sorta di matematica minore per i pochi che avranno ancora un briciolo di cervello, ma insegnata da docenti con almeno 4 lauree, di cui una ad Harvard, oltre ad un master a Tirana).

sabato 11 agosto 2012

Gli "sfigati" e gli incarichi extra dei docenti universitari


Poiché l'argomento si allargava, con spunti autonomi, proseguo qui il testo di questo mio post.
...
Per ora si tratta di un saggio su 3 compensi, ma si potrebbe continuare se i dati in internet fossero più rintracciabili.
Se si potesse fare una "proiezione" di questi dati, confrontandoli con il CV e la Lista degli scritti del Prof. Ciro Ciliberto, probabilmente si dovrebbe pervenire ad una stima della capacità media di lavoro di circa 5-10.000 ore mensili, non quelle canoniche di 176 ore sindacali (=22 giorni lavorativi al mese x 8 ore) e, dunque, si potrebbe affermare (strologando assai) che il professore ha lavorato in media, dalla laurea in qua, per circa 300-500 ore al giorno - miracoli della fede - !
Non è che la cosa sia impossibile nell'industria, ad esempio, dove l'imprenditore "gode" del tempo di lavoro dei suoi dipendenti e, di conseguenza, assomma aggi proporzionali (o quasi), ma che ciò sia possibile anche nelle professioni intellettuali appare una castroneria per chi voglia affermarlo, o solo farlo intendere.
E il Prof. Ciro Ciliberto, pur non essendo un imprenditore, avrà anche l'agio di servirsi di qualche segretaria, di qualche assistente, di qualche buonanima speranzosa nel suo placet che lavora gratis per lui, ma per fare tanto, almeno quanto detto da lui stesso nel CV e nella Lista degli scritti, dovrebbe avere almeno l'agio di circa 40-60 - diciamo - collaboratori, arrotondiamo a 50, a tempo pieno ma, si sà, i collaboratori che gli forniscono i vari enti e organismi che si fregia di aver diretto, o ai quali ha partecipato, hanno, in contemporanea, la necessità di rispondere anche ad altri "soggetti che girano la manovella" in quegli enti e, dunque, il numero dovrebbe essere proporzionalmente aumentato, così, per esempio: se un collaboratore deve rispondere in contemporanea ad altri 7 manovratori allora vuol dire che a Ciliberto gli dedica 1 sola ora al giorno dunque, rifacendo i conti (della serva), vuol dire che quel numero va elevato a circa 400 collaboratori (=50x8ore), il che "torna", per difetto e a vantaggio del Nostro moltiplicato tre volte, con la stima iniziale.

Ma se questi 400 collaboratori pagati dai rispettivi enti di appartenenza, impegnati per Ciliberto un'ora al giorno, non ci sono (è più verosimile un numero di 50-100, pur considerando i mille piedi di cui sarà pur dotato), allora vuol dire che (sempre col conto della "serva") ci sono 250-300 collaboratori occulti, cioè che operano un'ora al giorno a favore di Ciliberto, ma che non compaiono in nessuna lista, in nessun organico di nessun ente, pubblico o privato che sia.
Non sarà certo il caso del Nostro, ma la cosa fa venire in mente un altro "prolifico" e arcinoto personaggio, Umberto Galimberti, la cui pratica del "copia e incolla" viene delineata assai bene in queste due pagine web (tra le mille in rete che si possono ricercare): una di Pierluigi Battista sul Corriere Della Sera del 9 maggio 2011 e l'altro di Carlo Gambescia di Arianna Editrice del 23 aprile 2008.
D'altronde, su 197 scritti che Ciliberto riporta nel suo CV, ben 157 (se non sbaglio) sono in lingua inglese, e ben pochi sono i volumi veri e propri, trattandosi a volte di articoli di pochissime pagine. Certo, mi dichiaro incompetente a "valutare" l'opera scientifica del Nostro ma, se potessi, comincerei ad esaminare le tesine d'esame dei suoi studenti degli ultimi anni o, meglio ancora, le tesi di laurea. In aggiunta, vorrei riportare una minima esperienza nel caso: all'inizio del mio lavoro, dopo la laurea e il militare, ho collaborato con un docente ordinario dell'Università di Ancona (non chiedetemi il nome) che imponeva ai "suoi" ricercatori, tutti giovani, come me, e aspiranti (loro) ad un posto, di mettere anche il suo nome sulle loro pubblicazioni, con la scusa che, comunque, lui aveva collaborato al clima in cui l'opera era maturata e che, senza il suo nome, c'era il rischio che l'editore rifiutasse la pubblicazione. E così nei due anni che sono rimasto in quell'istituto il tal docente aveva messo insieme almeno 20-30 pubblicazioni, tra quelle della sede di Ancona e quelle della sede di Roma, dove insegnava una qualche materia. Per inciso, al concorso di ricercatore del 1992, fui bocciato, pur presentando due pubblicazioni tecniche del 1990 di 300 pagine ciascuna con l'editore Il Sole-24 Ore-Pirola SPA, mentre i vincitori, avevano - mi disse - solo qualche foglio isolato, ma facevano parte della cerchia (leggi: casta) più di me e da più tempo. Qualcuno dirà che sono ancora arrabbiato per questo, ma per me si tratta solo di "memoria" di fatti, che concorrono all'affinamento del metodo della "serva".

Ma la domanda che mi rimbalza per la testa non è tutto questo, ma la quantità di tempo che questi docenti dedicano alla didattica, quel tempo per cui realmente vengono pagati mentre fanno altre cose che non hanno alcuna attinenza con il motivo dello stipendio.
E se pure il loro contratto di lavoro prevedesse lezioni di sole 4 ore a settimana, non dovrebbero sentirsi il dovere morale di seguire lo studente fino al successo, cioè fino all'esame, con incontri extra, seminari, ecc., anziché "sbolognarli" a qualche assistente maldestro? Pare che anche all'università siano figli del "non mi spetta", una sorta di abietto moralismo sindacalese sulla pelle degli altri.
Se vogliamo aggiungere un'altra considerazione - scusate la prolissità - occorre ricordare che in un confronto internazionale, l'Italia è tra i primi posti quanto a didattica nelle scuole elementari, mentre è agli ultimi posti in quella universitaria. E l'altro, tal Michel Martone che parla di "sfigati" e cerca pure di scusarsi o, meglio, di giustificarsi, poi, con l'opinione pubblica e con il mondo della rete!

Sarà anche un genio il Prof. Ciliberto, ma a me non riesce, non mi viene proprio di "produrre" quanto a lui, e neanche una frazione "infinitesima". Se voglio fare le cose perbene ci devo mettere tempo, e questo tempo si allunga molto specie nella didattica dove, almeno da parte mia, non basta "sciorinare" la lezione alla lavagna, ma occorre anche capire perché spesso lo studente non capisce, e correggere, oltre che i compiti, anche il "tiro" da dare alla lezione, altrimenti farei anche presto. Basterebbe dare dello "sfigato" allo studente, rimandarlo a settembre, magari con altre 10 materie, e fargli concludere  il diploma (nel mio caso) a 25 anni, anziché a 19, cosa che, proporzionalmente, avviene all'università, dove lui insegna, ma anche in altre università, dove l'età di laurea arriva, oggi, frequentemente, abbondantemente e scandalosamente a 30-35 anni.
Nel caso di docenti universitari come Ciliberto - e sono tanti - che fa quel che dice nel CV e nella Lista degli scritti, si capisce quanto tempo possa dedicare alla didattica e, dunque, contribuire al fenomeno dello "sfigato". D'altronde, anche io sono stato in qualche ente - non importanti, certo, ma uno gestiva un bilancio di 130 miliardi di vecchie lire 20 anni fa, forse una bazzecola rispetto a quelli del Nostro - e mi sono reso conto del tempo che sottrae al lavoro didattico, alla famiglia, agli amici, ecc..

Per giudicare meglio, però, occorrerebbe un confronto con quanto avviene in quei paesi in cui l'età media della laurea arriva a 23-24 anni: i professori universitari faranno cose paragonabili con quelle che dice di aver fatto Ciliberto? E quanti studenti cura ogni anno un docente? All'estero, ci sono 200-300-400 studenti per ogni corso universitario? Non sarebbe il caso di ripartire le cattedre su più docenti, abbassando la spesa per docenti ordinari e aumentandola per associati e simili, mantenendo il saldo invariato? Purché si dedichino alla didattica, e non alle mille varietà che Ciliberto, fiero, vanta nel suo CV!

Potrebbe essere una Proposta per il Ministro Profumo. La raccoglierà? Ordine del giorno: come far laureare uno studente a 23-24 anni senza aumentare la spesa pubblica. Ho qualche dubbio! Anche lui sembra della stessa razza e della stessa casta dei tanti scarafaggi che rodono le capacità di questo Paese.
E dire che ero partito da quella espressione "stenti in cui ci troviamo ad operare", che incautamente (e forse con una forte vena di ingenua spudoratezza, dato il piedistallo su cui si trova) Ciliberto sbatte in una e.mail ad uno sconosciuto come me!

Il conto della "serva", o del pizzicagnolo che qualcuno biasimerà di certo, ancorché approssimativi - e ci mancherebbe altro - qualche volta porta vicino, paurosamente vicino alla realtà. Come dire: a dubitare si fa peccato, ma qualche volta ci si azzecca!

Auguri per l'Italia e, soprattutto, per i giovani italiani laureandi e laureati, ai quali, quando si iscrissero, era stato propinato un ventaglio ampio di possibilità di inserimento nel mondo del lavoro. Anche nella mia scuola si fa il cosiddetto "orientamento" e vedo bene come pubblicizzano l'aria fritta. Ti offrono piuttosto un centro servizi, dove si somministra la lezione e, a volte e con le code che si può immaginare, qualche discutibile forma laboratoriale, e dove, se vuoi, puoi fare certe cose, ma non certo un luogo di formazione dove ti accompagnano come coach al risultato (leggi: laurea a 23-24 anni). D'altronde, più uno studente viene trattenuto (leggi: bocciato, o fuori corso) più è alto il numero degli iscritti dell'anno successivo, e più cattedre occorreranno e, dunque, chi se ne frega se c'è lo "sfigato", anzi, serve a qualcosa pure lui.

Auguri anche al Ministro Profumo, che queste cose le sa meglio di me, ma glissa nella sua attività esecutiva, sviando l'attenzione su problemi diversi, dovendo mantenersi sul podio di una comunità che lo ha portato ai livelli dove si trova per il solo fatto che si sente "garantita" nella propria intoccabile esistenza baroniale (e reddituale).
Quando affitto un appartamento per abitarci, la prima cosa che mi viene in mente è come togliere la polvere, ridipingere le pareti, sistemare apparecchi sanitari scassati, se le finestre fanno spifferi, ecc., poi penserò anche alla mobilia, ai tappeti, ai quadri e alla targhetta sul campanello, e qui, invece, il ministro non vuole saperne nemmeno di spolverare. E così, di locatario in locatario (leggi: ministro), la polvere si accumula, le crepe crescono e gli spifferi aumentano, cioè l'università diventa un cesso, così tanto cesso che non riesce più nemmeno ad assolvere allo scopo di sfornare laureati preparati e nei tempi. Grandi progetti - è vero - sono necessari all'università, sono il senso del futuro, ma se poi servono solo a rimpinguare la casta baronale che cresce indisturbata nella polvere e negli spifferi, come gli scarafaggi, allora anche i grandi progetti si fondano su basi frolle e inconsistenti e saranno destinati a franare nel nulla.
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martedì 7 agosto 2012

Il Sillogismo di Vinicio Capossela

L'amore è cieco. Dio è amore. Ray Charles è cieco. Quindi: Ray Charles è Dio. (Sillogismo in wiki)
Ma poteva anche venire: Dio è cieco; Ray Charles è amore. (per il sillogismo occorrono 2 preposizioni, mentre qui ce ne sono 3).