domenica 9 marzo 2014

Einstein, De Pretto, Hilbert, Majorana, e il WTC.

La teoria della relatività di Einstein pubblicata nel 1905 è stata ripresa da quella di Olinto De Pretto pubblicata nel 1904?
Certo è, che De Pretto (foto a sinistra) l'ha pubblicata per primo. Umberto Bartocci lo sostiene dal 2006.
Vedi il libro di Bartocci e l'appendice tratti da questa sua pagina web. Vedi anche queste sue riflessioni 1^ parte (sono svolte in 6 parti). Vedi anche l'intervista al nipote di Olinto De Pretto.
C'è anche un'altra polemica a danno di Einstein su tale primogenitura, e cioè quella che David Hilbert (foto a destra) sarebbe l'autore della Teoria della relatività, della quale completò le bozze di stampa 5 giorni prima di Einstein, anche se la rivista uscì due giorni dopo quella di Einstein.
Ora, il punto è: Einstein fu vera gloria? O fu un plagiatore eccellente? Pare anche che trasse spunto dai manoscritti della prima moglie, come sostiene, tra gli altri, uno studioso vietnamita. In ogni caso, e la grandezza del personaggio sta proprio qui, mutò per primo il modo di interpretare il mondo fisico, appoggiandosi ai lavori di una vasta comunità scientifica, oltre che ai suoi, come la sua amicizia con Michele Besso, amico - quest'ultimo - anche di Olinto De Pretto. Un po' come quanto ho detto su Leonardo.
E non è che i geni, se mai ce ne sono stati nella storia, siano loro stessi ad attribuirsi questa patente per i secoli a venire, ma è la storiografia e la cronaca, nel caso di Einstein, a dimenticare quanto gli ambienti di provenienza di questi geni siano stati costruttori del genio stesso. Della serie - permettetemi uno scivolone - Accà nisciùno è fesso. Così sono sempre più convinto che si dovrebbe scavare nuovamente in quegli ambienti per valorizzare le prestazioni - diremmo oggi - dei singoli portatori d'acqua a quel mulino che è la scienza e, infine, per valorizzare concretamente il nostro personaggio, evitando di farlo apparire come una testa calda, una specie di mosca bianca circondata da inetti e incapaci, per cui solo lui ha diritto di passare alla storia, mentre di tutti gli altri se ne può fare un falò di carnevale.
Come è accaduto a Gregorio Ricci Curbastro (foto a sinistra), ad esempio, (vedi una biografia) che nessuno ricorda più, ma che formulò il Tensore di curvatura di Ricci, appunto, e che servì ad Einstein per formulare le Equazioni di campo a base della Teoria della relatività generale del 1916, con cui, poi, gli fu attribuito il Premio Nobel nel 1921, anno in cui De Pretto, invece, muore nel dimenticatoio più assoluto.

Non mi associo, quindi, ai detrattori (qui e qui, alcuni tra i tanti) sempre pronti a sputtanare questo o quello per la manìa di novità o per l'incapacità di vedere nelle complesse relazioni esistenti nelle comunità scientifiche. Piuttosto, vorrei che accanto ad Einstein venissero ricordati anche tutti quei personaggi, cosiddetti minori, che sono stati i mattoni con cui si costruì l'edificio della scienza moderna - e penso a Heisenberg, a Pauli, a Marconi, ma anche a Rubbia e a Cédric Villani, per non perdere il gusto del contemporaneo, ad esempio, e tantomeno quello del futuro, che in questi ultimi lustri si va costruendo.
A quando un libro che ridìa il giusto peso a tutti costoro e a quanti - chissà quanti - non ho nominato? Forse ne verrebbe fuori una enciclopedia in 20-30 volumi! Ma io intenderei qualcosa di più maneggevole, ad esempio 500 pagine ben fatte che possa ridare un quadro sintetico ai tanti giovani erroneamente in cerca del genio da osannare. Non si cala un santo dall'altare per gettarlo nel fango, che è l'operazione simmetrica di quella che lo innalzerebbe ai cieli, ma, se mai, lo si pone sull'ambone, tra gli altri che si trovano li in quel momento.

Per concludere, altri dubbi - non direttamente collegati con questi - sorgono sulla scomparsa del fisico siciliano Ettore Majorana nella primavera del 1938 (foto a destra), cioè alla vigilia delle leggi razziali italiane e della fuga di cervelli negli USA, come è stato per Enrico Fermi.
Questa scomparsa e le conseguenti ricerche sono state narrate magistralmente da Leonardo Sciascia nel 1975 nel libro La scomparsa di Majorana e nel suo articolo del 24-12-1975 per La Stampa, nonché, sempre da Umberto Bartocci, in questa sua pagina web 1^ parte (vi sono altre 4 parti, in totale 5).

Ci si domanderebbe: gli USA furono realmente gli inventori dell'energia nucleare? O non sarebbe da attribuire ad altri soggetti, anche se operanti in USA sul finire degli Anni Trenta del '900? Come Oppenheimer (foto a sinistra), ad esempio, vero chairman della bomba atomica, poi testata nei suoi effetti distruttivi in Giappone. Effetti spaventosi, come li aveva definiti anticipatamente 40 anni prima proprio Olinto De Pretto.
E' nota anche la querelle se gli USA siano sbarcati effettivamente sulla luna in quel lontano 1969 con Neil Armstrong, querelle sollevata con "approfondite" analisi di più soggetti sulle immagini ufficiali diffuse dalla NASA, secondo i quali (qui ce n'è uno; vedi anche wiki), invece, furono riprese negli studi cinematografici di Hollywood.

E - tanto che ci siamo - qualche parola sulle Torri Gemelle, il cosiddetto WTC (World Trade Center), bisogna spenderla. Altra incognita, cioè, se realmente la distruzione è avvenuta a cura di un manipolo di Al-Qaida, o se anche in questo caso gli USA hanno fatto tutto in casa, progettando a tavolino - direbbe un qualsiasi losco geometra di provincia - la motivazione "palpabile" da dare al mondo intero affinché si potesse mettere un tappo alla Cina sul fronte occidentale delle porte del Pamir, quel lunghissimo ma ristrettissimo corridoio che conduce dall'Afganistan (dove doveva stare Bin-Laden e, quindi, da invadere) alla Cina, attraverso il Tibet del Pakistan e le propaggini montuose meridionali del Tajikistan, entrambi già satelliti USA. Da notare che da tutte le altre parti la Cina è circondata da satelliti USA, cominciando dalla Korea e proseguendo per il Giappone, le Filippine, la Thainlandia (dal Vietnam erano stati cacciati nel lontano 1969), l'India e, per l'appunto, il Pakistan e il Tajikistan. Dunque, rimaneva solo questo tappo strategico e, allora, che fare? Naturalmente, dalla parte della Russia ... come dire ... nisba!!! Non ci si metterà mai un tappo, ma poco importa, ci pensa l'Oceano Artico che - come si sa - è ghiacciato e, quindi, non navigabile, né da parte dei russi né degli americani (anche se le navi rompi-ghiaccio esistono, ma non sono adatte alla rapidità di un attacco bellico).
Ma si! Mettiamoci un tappo anche qui, e troviamo una motivazione forte, dunque, un affronto senza pari sul suolo nazionale (USA). Cosa di meglio che il centro mondiale del commercio?
Non ricordo dove l'ho letto, ma pare che quel giorno dell "11-9", tremila ebrei che lavoravano da impiegati nel WTC, su oltre ventimila impiegati, non siano andati a lavorare - è evidente, per un attacco etnico collettivo di influenza rino-faringea e in mancanza di analgesico, tipo aspirina. O forse sarà perché il Mossad ha avuto più pietà dei suoi compatrioti che non la CIA dei suoi concittadini, morti in circa 3000.
Vi lascio dedurre quel che c'è da dedurre da questi siti immessi in internet nel 2003, nel 2006, nel 2009, nel 2009, nel 2010, nel 2011 e nel 2014. In quei siti vi sono, poi, tantissimi altri links che possono condurre la vostra ricerca fino all'infinito.
Oggi 27-11-2015 ho trovato conferme di quanto da me asserito qui e qui (qui potrete vedere chi fa parte di quel sito).
Poi dirò qualcosa anch'io su una questione tecnica che sto ancora preparando.
Da qui proviene l'immagine di Ground Zero, da qui quella delle Twin Towers.

domenica 9 febbraio 2014

Leonardo Da Vinci, ancora più genio (versus Roberto Valturio)

Che fosse un genio era indubbio da subito, ma che lo fosse come conoscitore di quanto attraversava la cultura del suo tempo non era del tutto noto.
Le famose opere di Leonardo in materia di macchine militari trovano ispirazione in un marchigiano, Roberto Valturio che, nato a Rimini nel 1405 dove si era trasferita la famiglia che era originaria di Macerata Feltria (oggi in provincia di Pesaro-Urbino), è precursore, e imitatissimo nei decenni successivi, di proposte tecniche relative alle macchine militari d'assedio e d'assalto.

Un libro, De re militari, descrive bene ciò che Valturio illustra con immagini altrettanto chiare, e lo fa nel 1472, stampato a Verona per la prima volta, mentre copie manoscritte circolavano già dal 1453 nelle principali corti europee (vedi nota 1).
Le opere di Leonardo in materia di macchine militari, invece, datano a partire dagli anni 1480-85 in poi.

Che Leonardo fosse un genio, dunque, era indubbio, ma occorrerebbe una rivisitazione profonda degli scritti artistici e scientifici dell'epoca, sia manoscritti che a stampa, per collocare il genio "nel suo tempo", ed evitare di farlo sembrare una mosca bianca nella storia mondiale, cosa che neanche a lui stesso sarebbe piaciuta, visto che di carattere era riservato e schivo e che, probabilmente, il girare per le corti europee ed italiane dell'epoca gli ha fatto incontrare molti libri conservati in quelle biblioteche che, poi, ha saputo magistralmente rielaborare aggiungendoci il suo grande contributo - e proprio qui sta l'ancora più genio.

Leggendo la storia della scienza nel suo insieme, cioè dopo aver metabolizzato la posizione dei singoli scrittori, che possono anche avere un senso di ammirazione per il personaggio di cui scrivono, ci si fa la convinzione che i miracoli sono veramente rari, cioè i geni non esistono, ma esiste il clima culturale di un ambiente che favorisce, talora ma non sempre, l'emergere di qualche soggetto più dotato dei suoi compagni. In genere l'occasione è propizia per le grandi scoperte là dove ci sono i soldi e, allora, si radunano molti soggetti in cerca di riconoscimento, e tra i quali può emergerne uno.
E' accaduto con Talete nel VII sec. a.C., con Platone e Aristotele sempre nella Grecia classica, come è accaduto con il Rinascimento italiano, specie a Firenze, dove dovevano girare molte opportunità di benessere per artisti e scienziati per la presenza dei Medici e dei banchieri del loro entourage, come a Genova, patria del "biglietto di cambio", oggi chiamata cambiale, e a Venezia, dove affluivano ricchezze da tutto il Mediterraneo orientale che questa dominava per mare. E' accaduto nell'Inghilterra capitalistica del Settecento e dell'Ottocento, ultimo genio, almeno per la logica matematica, con Bertrand Russel. Ed è accaduto negli USA, quando si utilizzavano ingenti risorse prima della seconda guerra mondiale per costruire la bomba atomica, con Einstein e i molti altri scienziati che hanno lasciato profondi segni sia nel campo degli studi sulla materia che in quello della relativa interpretazione filosofica.
E così deve essere accaduto anche per Leonardo che, occorre ricordarlo, è stato preceduto da valenti artisti e scienziati.
Poi, quasi sempre, le cose cambiano e si lascia il passo a qualche altro ambiente culturale che prima non emergeva, e ciò avviene per una specie di invecchiamento dell'ambiente culturale di partenza, nel quale non vi sono più spinte ideali ed entusiasmi, ma dove prevale il mero profittare delle situazioni.
Osvald Spengler ha messo bene in evidenza questo fenomeno in un magistrale libro - anche per le pagine, che sono oltre 1500, dove esamina le culture antiche anche orientali e quelle succedutesi fino ai suoi giorni - dal titolo Il tramonto dell'Occidente, del 1923 (Guanda Editore, 1995).
E così, anche il nostro Paese, territorio conteso a nord come a sud da Francesi, Austriaci e Spagnoli e, più blandamente, dagli Inglesi, non avendo una grande monarchia di riferimento, è rimasto preda di costoro per le convenienze di bottega dei "piccoli principi locali". Ancora oggi tale frammentazione, ancorché culturale, appare essenzialmente politica, e  nulla pare favorire una coesione sotto la spinta delle istanze europeiste.

venerdì 9 agosto 2013

Gli appalti edili nel Codice di Hammurabi e la responsabilità dell'architetto

Nel 1902 l'archeologo francese Jacques De Morgan scoprì un cippo in pietra di basalto nero del 18° secolo a.C. nella città di Susa, in Persia, nel dipartimento di Khuzestan, al confine meridionale dell'attuale Iraq (antica Mesopotamia) e confinante anche con l'attuale Kuwait. Ora è conservato al Museo del Louvre a Parigi.
Dell'altezza di 2,2 m., il cippo conteneva il cosiddetto Codice di Hammurabi (re di Babilonia, a cira 80 km a sud di Bagdad) in caratteri cuneiformi; fu tradotto da Jean-Vincent Scheil e pubblicato nel 1904.
Negli anni successivi sono stati rinvenuti altri cippi quasi uguali che fa supporre una esecuzione in serie per l'esposizione in città diverse.
La superficie esterna è interamente ricoperta di scrittura, anche nella parte posteriore; nella parte anteriore in alto sono raffigurati il Re Hammurabi che apprende la legge direttamente dal Dio della Giustizia (seduto sul trono).

Esso consta di 282 articoli sulle materie allora interessate da contenzioso. Per una sintetica esposizione del significato e del contenuto del cippo si veda questo link. Qui interessano gli articoli relativi alla responsabilità del costruttore, parola che può indicare anche il capo-costruttore, ovvero l'architetto.
Tali articoli sono enumerati dal 228 al 233, e illustrano le semplici regole che qui si riportano:

228. Qualora un costruttore costruisca una casa per qualcuno e la completi, egli darà a lui un compenso di due shekels in denaro per ogni sar di superficie.
229. Qualora un costruttore costruisca una casa per qualcuno, e non la costruisca debitamente e la casa che costruì cada ed uccida il proprietario, allora quel costruttore sarà messo a morte.
230. Qualora uccida il figlio del proprietario il figlio di quel costruttore sarà messo a morte.
231. Qualora uccida uno schiavo del proprietario, allora darà in pagamento un suo schiavo per lo schiavo del proprietario della casa.
232. Qualora rovini dei beni, risarcirà per tutto ciò che fu rovinato, ed in tanto in quanto non costruì debitamente questa casa che egli costruì e cadde, la ricostruirà daccapo di tasca propria.
233. Qualora un costruttore costruisca una casa per qualcuno, anche se non l'abbia ancora completata; se poi i muri sembrano pericolanti, il costruttore deve rendere solidi i muri di tasca propria.

Lo stile espositivo è senz'altro scarno ed estremamente sintetico, come era nell'uso di allora, uso che si è mantenuto fino all'inizio del Novecento, almeno per quanto riguarda l'Italia, quando una edizione dei famosi Quattro Codici (civile, penale, procedura civile e procedura penale) poteva essere contenuta in una mano - diremmo, oggi, tascabile.
Inutile dire che la prassi costruttiva e le regole delle leggi attuali sono molto diverse, sicuramente meno deterministiche di allora, quando, in ogni caso, i giudici, che erano funzionari delegati dal Re, dovevano esercitare la funzione con estrema ponderatezza poiché per la norma n. 5 dello stesso codice erano tenuti al risarcimento per gli errori giudiziari commessi. Non viene stabilito entro quanto tempo vale la responsabilità dell'architetto, ma è da presumere "a vita".
Altre immagini su Flickr.

lunedì 22 luglio 2013

I Greci, gli Egiziani e i luoghi antichi della geometria

Non potevo riandare dove l'arte di misurare la terra, poi detta Geometria, è nata. E cioè in Egitto, seppure in epoca greca.

Il documento raffigurato è un papiro greco-egizio (forse del III-II Sec. a.C.), che riporta un contratto di trasporto fluviale di grano dalla città di Hermopolis Magna (in greco, e oggi el-Ashmuneyn), nei pressi dell'attuale città di Mallawi, fino ai granai pubblici della città di Alessandria, sulla costa mediterranea dell'Egitto, per una distanza di circa 500 chilometri (come calcolata da Google-Map), certamente lungo il Nilo.
Il papiro fa parte di una raccolta acquistata a Ghizah nel 1903 da Girolamo Vitelli che ne ha pubblicato le trascrizioni in greco moderno nel libro Papiri greco-egizi, Volume 1, edito da Hoepli nel 1906 e chiamati Papiri Fiorentini perché allora conservati a Firenze nelle sedi di alcuni istituti di cultura.
Nello stesso libro si possono trovare, inoltre, anche papiri relativi a contratti di affitto o vendita di case, o relativi a mutui in denaro, querele per furto, registri fondiari ed altre scritturazioni di uso quotidiano che testimoniano un uso costante alla scrittura. Altrettanto dicasi dei volumi 2 e 3.

Il carico era di 1463 artabe di frumento (cioè di moggia ateniesi). Non è dato sapere esattamente quanto fosse quella quantità in unità di misura di oggi, poiché quelle antiche potevano variare da località a località e, inoltre, sono variate anche nel tempo, fino a ben oltre i tempi di Napoleone che ha istituito il sistema metrico decimale moderno in Francia e nei paesi europei da lui sottomessi.
Per evitare equivoci o truffe durante i mercati e le fiere commerciali in tutte le principali città vi erano rappresentate le unità di misura vigenti all'interno del territorio: ciò avveniva mediante la rappresentazione scolpita su pietra o laterizio e, ancora oggi, in taluni palazzi comunali medievali vi si trovano tali raffigurazioni.
Tuttavia, da alcuni ragguagli, 1463 artabe potrebbero essere equivalenti a circa 100 quintali (800 kg/mc), cioè circa 13 mc.

Non ha alcun senso fare paragoni in termini monetari attuali, tuttavia il valore di un tale quantitativo di grano sarebbe, oggi, di circa 3000 euro, una somma ragguardevole se si considera che occorrono 3-4 ettari di terreno di pianura di media produttività (almeno nelle Marche) per produrre tale valore con la coltivazione a frumento.
Dal testo del libro non risulta se sia stata pattuita una somma per tale servizio.

Inserendo le coordinate di Mallawi [27°43′52″N 30°50′22″E] in Google-Map e seguendo la mappa verso nord ci si può rendere conto che la maggior parte del territorio fertile per l'agricoltura dell'Egitto a sud del Cairo (che si trova all'inizio del delta del fiume) non è altro che una sottile striscia di terra intorno al Nilo della larghezza di 10-20 chilometri appena. E' naturale che l'attenzione dei governanti antichi, non essendone allora sfruttabili altre risorse, si sia concentrata sulla misura della terra, soprattutto a scopo fiscale e, infatti, i primi catasti agrari egizi risalgono a oltre 5000 anni fa.
A sud-ovest del Cairo, nell'area desertica immediatamente a confine con quella verdeggiante, oggi completamente abitata, vi si trovano anche le tre famose piramidi di 4600 anni fa che, a ben ragione e per il loro valore paradigmatico, possono simboleggiare la geometria antica pre-greca.

giovedì 11 luglio 2013

Monge, Luigi XVI e la geometria descrittiva


Riprendo da: L'elogio di Gaspard Monge fatto da lui stesso. Film del 1963.
Sceneggiatura e Regia: Ansano Giannarelli.
Consulenza scientifica: Giorgio Israel e Piero Negrini.
Introduzione al film di Lucio Lombardo Radice.

Nella presentazione del filmato viene posto il problema della ideologia dello sradicamento degli scienziati dal loro concreto substrato sociale: chi è Garpard Monge? Pochi saprebbero rispondere a questa domanda: matematici, fisici, architetti, ingegneri. Costoro direbbero che è stato il creatore della geometria descrittiva, cioè del metodo della doppia proiezione ortogonale, che consente di costruire un corpo, un edificio, una macchina a partire da disegni nel piano, soddisfacendo a esigenze ingegneristiche. Questa è una risposta esatta, ma parziale, incompleta. 
Monge (1746-1818) fu un protagonista del suo tempo, uno dei realizzatori della École Polytechnique e della École Normale Superieure.

Il racconto della sua vita, fatto da lui stesso, prende le mosse dal ricordo della sua prima opera: la costruzione della pianta della città natale di Beaune. La pianta fu vista da un ingegnere militare, che lo raccomandò al comandante dell'accademia militare di Mezières. Nell'accademia, riservata agli aristocratici, Monge venne utilizzato come disegnatore e ammesso all'annessa scuola pratica. Ebbe l'occasione di farsi apprezzare quando fu incaricato di risolvere il problema del defilamento dai tiri di cannone, nella progettazione di una fortezza. Il problema è facile da risolversi se viene affrontato in un piano, ma quando vi sono delle irregolarità del terreno occorre tener conto delle tre dimensioni spaziali: Monge in luogo dei lunghi e difficili calcoli aritmetici si servì della suo metodo geometrico, a cui aveva pensato da tempo, che gli permise di arrivare rapidamente alla soluzione. Il suo metodo fu ritenuto così utile, che venne tenuto segreto perché giudicato di rilevanza militare. "Questo metodo l'ho creato? scoperto? fondato? No! Mi sono trovato al momento giusto alla fine di un processo che ha visto molti impegnati prima di me". La scienza - sembra che dica - è un prodotto della storia, della società. 
D'Alambert appoggia la sua candidatura all'Accademia, ove entra nel 1772 a ventisei anni: è ormai un uomo di scienza in corrispondenza con altri scienziati, un grande geometra. Ma Monge non è solo uno scienziato chiuso nel suo mondo di studi, sente le spinte della società: la Francia sta cambiando. Nel 1792, in piena rivoluzione, Monge diventa Ministro della Marina. All'Accademia, Lavoisier commenta sfavorevolmente la sua nomina, perché Monge non ha la necessaria preparazione politica. Monge gli risponde che gli scienziati non possono rimanere a guardare, come dei dell'Olimpo, anch'essi sono cittadini di Francia, non possono estraniarsi.
Monge discute, all'Accademia delle Scienze, con altri scienziati: Claude Louis L.Berthollet (1748-1822), Jean Charles de Borda (1733-1799), Jacques Dominique Cassini (1748-1845), Antoine François Fourcroy, Louis Bernard Guyton de Morveau (1737-1816) e Pierre Simon de Laplace (1749-1827) sulla situazione critica della nazione in guerra con il resto d'Europa. 
La Francia, allora, importava il salnitro, fondamentale per la polvere da sparo, il rame per il bronzo dei cannoni, ma i rifornimenti erano bloccati per la guerra e non erano solo le materie prime che mancavano, era soprattutto la tecnologia: non si sapeva produrre acciaio; i cannoni venivano fusi con procedimenti antiquati, perché erano sconosciute le tecniche moderne che permettevano maggiore produzione, uniformità e procedimenti più igienici per la salute dei fonditori. Questi accademici: chimici, fisici, matematici, meccanici, furono mobilitati per modernizzare la produzione di cannoni di bronzo per le armi di terra e di cannoni di acciaio per la marina; per la ricerca del salnitro e per la produzione di polvere da sparo; per escogitare tecniche utili all'incremento della produzione dei prodotti strategici, armi e munizioni, utili alla difesa della repubblica. 
Monge si distingue allora per la sua infaticabile attività. Mostra ai lavoratori della fonderia e ai militari le nuove tecniche, quelle che fisserà nel suo scritto Avis aux ouvriers en fer sur la fabrication de l'acier [del 1792] e nell'altro suo scritto Description de l'art de fabriquer les canons [del 1793]. Così apprendiamo che l'École Polytechnique produrrà ingegneri civili, militari e navali. Gli studenti avranno uno stipendio, cosicché anche chi è povero potrà studiare. 
Fulcro della didattica è l'insegnamento della geometria descrittiva, che è un linguaggio utile per chi crea e per chi deve realizzare; è anche un mezzo per ricercare la verità. Per questo è necessario introdurla nel piano di educazione nazionale, perché è indispensabile agli operai che devono dare una forma precisa agli oggetti.
L'Académie de Science sarà chiusa e poi trasformata in Institut de France. Il repubblicano Monge segue
Napoleone nella spedizione d'Egitto (e con Berthollet integrerà la commissione inviata da Napoleone in Italia
per prendere le opere d'arte più insigni).
Per la sua fede napoleonica e per aver firmato con altri il decreto della condanna a morte di Luigi XVI, viene
privato di tutti gli onori ed escluso dall'Institut de France. Due anni dopo, nel 1818, muore a Parigi.
__________________________________________________________________________
Aggiungo io.
L'impegno nella politica dopo la rivoluzione, per il quale firmerà, come Ministro della Marina ed insieme ad altri, il decreto di decapitazione del Re Luigi XVI, porterà  Gaspard Monge (1746-1818 - vedi ritratti) a trascurare gli interessi editoriali, specie per la geometria descrittiva e, infatti, uno dei suoi migliori allievi, Sylvestre-François Lacroix (1765-1843), pubblicherà nel 1794 a proprio nome e con il titolo Essais de géométrie sur le plan et les surfaces courbes (ou Eléments de Géometrie Descriptive)  le lezioni che Monge aveva tenuto nello stesso anno accademico. Monge pubblicherà le sue lezioni solo nel 1798 con il titolo Géométrie Descriptive, Leçons données aux écoles normales, l' an 3 de la République, an 7.  
Occorre ricordare, poi, che il "metodo" della doppia proiezione ortogonale lo aveva messo a punto almeno 30 anni prima (circa nel 1768, a 22 anni) e che, come ricorda proprio Lacroix, non aveva potuto pubblicarlo, né gli era concesso di insegnarlo, perché ritenuto un segreto militare (vedi: Charles Dupin, Essai historique sur les services et les travaux scientifiques de Gaspard Monge, Ed. Bachelier, Paris 1829, pag. 11, nell'immagine qui sopra).

domenica 28 ottobre 2012

Onorario degli architetti francesi dal 1285 alla fine del 1700



Nel Dictionnaire des Architectes Francais di Adolphe Lance (tomo 1, A-K), edito a Parigi nel 1872, si documenta quanto percepivano gli architetti francesi per le loro prestazioni professionali e per i rimborsi spese a partire dal 1285 e fino alla fine del 1700.
Le somme, espresse in franchi dell'epoca dello svolgimento delle prestazioni e attualizzati in franchi dell'epoca in cui è stato scritto il libro, vengono distinte in tabelle riguardanti alcune aliquote delle prestazioni stesse.

martedì 2 ottobre 2012

I Gesuiti e l'esportazione della fede (... sic!)


Grandi questi Gesuiti, quando dal tardo '500 e fino al '700 esportavano la fede, cattolica ovviamente, anche nel Nuovo Mondo, l'America Latina - appunto - così chiamata perché colonizzata dagli Spagnoli e dai Portoghesi, le cui lingue sono dette neo-latine.
Grandi, e in anticipo coi tempi di almeno tre secoli rispetto a quei poverelli degli USA che lo stanno facendo solo da alcune decine di anni. Perché se il nome è cambiato - oggi si parla di "democrazia", mentre allora di "fede" - non è cambiato il metodo: e cioè l'appropriazione delle risorse della terra di quei malcapitati popoli che non hanno il cannone come loro. Allora i Gesuiti si servivano delle truppe spagnole o portoghesi, a seconda dei casi, mentre oggi gli USA si servono delle truppe proprie e, per non apparire troppo invadenti ed interessati, si portano al seguito le truppe dei paesi aderenti all'ONU, così si monta una veste di universale volere alle più bieche invasioni di rapina.

Non mi dilungo, ma il girovagare sul web mi ha fatto incontrare un testo che occorre riportare alla luce dal fondo di quelle immense biblioteche digitali dove giacciono migliaia di testi senza fornire alcuna utilità per anni e anni finché qualcuno non ci si imbatte come è capitato a me in questa occasione.

Il testo è di sole 36 pagine pdf e ha questo titolo - un po' lungo per i tempi d'oggi: Appendice alla relazione tradotta dalla francese nell'italiana favella, la quale contiene una compendiosa descrizione di quanto praticano i padri gesuiti né domini oltremarini di Spagna e Portogallo, Aggiuntavi in questa quarta impressione la Lettera di Breve diretta dal papa Benedetto 14° all'e.mo signor cardinale Francesco Saldanha, edito a Lisbona e Siena nel 1758, conservato nella Biblioteca Salita dei Frati a Lugano e digitalizzato e messo in rete da www.e-rara.ch, una bella biblioteca elettronica che raccoglie più biblioteche digitali svizzere.
Lo stesso testo potete trovarlo in questa pagina di google-libri insieme ad altre storie sui Gesuiti analogamente sorprendenti per la crudezza dei loro intenti di colonizzazione e continuare con gli altri 4 tomi della stessa serie (ecco i relativi links: Tomo 2, Tomo 3, Tomo 4, Tomo 5), per un totale di 1263 pagine pdf - Buona lettura!


E cosa c'è scritto in questo testo? Semplice! Che i Gesuiti si sono stabiliti dove c'era oro e argento e mille altre ricchezze della terra e per non avere seccature hanno "evangelizzato" i primitivi che colà abitavano, soggiogandone centinaia di migliaia di famiglie, costruendo un fittissimo sistema di parrocchie chiamato Riducciones Jesuiticas che ha interessato tutta una intera provincia dell'Argentina chiamata ancora oggi Misiones, ma estesa indefinitamente ben oltre, sia nei territori del Paraguay che del Brasile, in quell'immenso bacino idrico al centro dell'America Meridionale che sfocia a Buenos Aires.
Il comandamento principale, naturalmente, doveva essere "non rubare", con il sottinteso e tacito intendimento che i minerali erano di loro (dei gesuiti e degli eserciti che li difendevano), tanto loro (gli indigeni) non sapevano cosa farci per quanto erano selvaggi.

Non è che la musica sia cambiata oggi, poiché l'Argentina, per poter restituire i debiti contratti con il Fondo Monetario Internazionale (FMI) dopo il crack dei bond dei primi anni 2000, ha venduto immense foreste della giugla e della Patagonia alle imprese multinazionali, ed oggi, al posto della foresta equatoriale, ad esempio, vi sono immense lande desolate improduttive per errori agronomici e troppo sfruttamento del suolo, e le coltivazioni predominanti sono di pinus halepensis per farne tavolame e cellulosa per fabbricare la carta. Frequenti sono, infatti, anche le industrie di prima lavorazione del legno ai margini dell'autostrada che da Buenos Aires percorre per quasi 2000 chilometri tutta la provincia di Misiones fino ai confini con Paraguay e Brasile, mentre i pochi Indios superstiti mendicano ai margini delle aree di sosta del turismo di passaggio.

 Questa storia dei Gesuiti, seppure potrebbe essere intesa come una esagerazione dell'anonimo che ha scritto quel testo, viene confermata nel contenuto del libro di un economista statunitense poco noto nel nostro Paese: Immanuel Wallerstein, La retorica del potere, Fazi Ed., 2007, pp. 127, (altri links 1, 2, 3) che consiglio di leggere per avere più chiari i meccanismi ideologici e di potere praticati all'epoca della conquista spagnola e portoghese con il contributo determinante proprio dei Gesuiti. Meccanismi ideologici e di potere che, in forme sempre diverse, presentano sempre la stessa sostanza operativa anche oggi.